Scritti

Tempo perfetto: Io e Tu

Articolo di Giulia Bravi per la rivista clanDestino

Telepatia è il titolo dell’intenso libro di Gian Mario Villalta edito nel 2016 per la casa editrice LietoColle, Collana Gialla Oro.
Una raccolta che, come dice l’autore, avrebbe dovuto intitolarsi Opuscola in virtù della struttura stessa del libro, composto da 19 poemetti tra loro indipendenti. Ed è proprio uno di questi poemetti ad aver dato il titolo all’intera opera. Telepatia, appunto. Il profondo e segreto legame, la stretta connessione che in qualche modo unisce un io e un tu: due mondi apparentemente estranei, due sfere diverse che però – per un istante, per una vita – si toccano. Questo è il respiro di fondo dell’intero lavoro di Villalta.
Chi è l’io? Chi il tu? L’io può essere creazione del tu?

Omaggio a Narda

Articolo di Giulia Bravi per la rivista clanDestino

Diranno che capita che s’inciampi/ a morte nel corso dei giorni/ che ci sono accidenti e incidenti/ del tutto casuali e qualche colpa/ in buona fede/ per inesperienza a trattare materia/ difforme e sorgiva – implacabile/ vita.
Narda Fattori era una donna capace di dire sì alla vita, lo affermava con forza; conosceva “il coagulo nudo dell’essere vivi” – l’esistenza nella sua densità di significato – e la sua poesia è e resterà testimonianza piena “per amore per vita e ancora/ per amore di vita”.

La luce di Fossati tra prospettive e ombre

Articolo di Giulia Bravi per la rivista clanDestino

Certi segni – manifestazioni altissime – si attendono e si sperano per tutta la vita. Per loro ci si affaccia alla finestra, aspettando. Si preparano gli occhi perché siano attenti e possano cogliere ogni minima variazione o frammento sperduto di luce. A volte è “il canto della sirena che si ferma per un secondo / dal mare”, altre il “passaggio di / un treno, / un suono dal cielo”.
In quello che è stato l’esordio, l’opera prima di Valentino Fossati, “Gli allarmi delle stelle” (Marietti, 2007), vengono raccolte le attese, i silenzi fermi ad aspettare una risposta; viene indagato il reale nel suo continuo rivelarsi attraverso ammonimenti esterni. Allora il rumore delle rotaie, un tuono, il cantare di un uccello in volo, un amore: tutto nella sua quotidianità si fa segno di un richiamo lontano, più alto, “un allarme che tutti noi / avrebbe fatto volare via / come un vento di gioia, / un allarme nel buio, un allarme dalle stelle”.

Zingonia Zingone e gli incontri nel deserto

Articolo di Giulia Bravi per la rivista clanDestino

Come si può naufragare nel deserto? Come è possibile perdersi, affogare, nel luogo per eccellenza senza acqua? “I naufragi del deserto” (Edizioni della Meridiana, 2015) di Zingonia Zingone è un viaggio in versi che percorre e tocca l’esistenza umana fatta di desiderio e sete. Lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry fa dire al suo Piccolo Principe che la bellezza del deserto sta nel suo nascondere un pozzo da qualche parte. Un pozzo: miracolo d’acqua da cercare mentre si cammina, meta per le labbra, luogo magico dove poter abbeverarsi. A questo tendono i tre personaggiprincipali del libro: il principe Khalil; “la bella giovane/ dalla pelle bianca e gli occhi neri”, Soraya; Bâsim, il bambino figlio di un padre lontano. Accumunati dalla mancanza che prosciuga la gola, dall’urgenza della loro sete. A ogni personaggio è dedicata una sezione della raccolta, ognuna introdotta dai versi mistici dell’antico poeta Omar Khayyam: “L’oracolo della rosa”, “Le campane della memoria”, “Fiume nascosto”.

La poesia, fiocina in cielo

Articolo di Giulia Bravi per la rivista clanDestino

La poesia di Antonio Salvatori è un grido al cielo che non si accontenta di essere detto, urlato, sentito. Tende più in alto, cresce verticale come gli alberi fino all’azzurro. E chiede risposta.
Nel suo libro d’esordio, pubblicato a soli ventitré anni, dichiara fin dal titolo della raccolta: “Ho piantato una fiocina in cielo”. Una fiocina. Un tridente che entra nell’eterno, un uomo che desidera penetrare l’aria e aspetta che l’arpione si riempia, che non ritorni da lui vuoto. Un uomo che non si soddisfa se tiene gli occhi piantati a terra e per questo li destina sempre al cielo a cui naturalmente tendono: “se non hai crocifisse le mani e ferito il costato, / sei una coda di gatto che balla tra i ciuffi e gli sterpi, / una quaglia che bacia col becco i colori dell’erba. //”.

Legame, Relazione, Alterità

L'altro come definizione di se stessi e necessità vitale

L’uomo, fin dal principio dei tempi, ha sempre sentito la necessità di relazionarsi con gli altri affinché il mondo interiore che portava con sé non restasse imprigionato al suo interno ma venisse trasmesso al di fuori. Il Vangelo di Giovanni ha come proprio incipit la frase “In principio era il lògos”. È su questa ultima parola che presenta infinite sfumature di traduzione, lògos, che la mia tesina prende avvio. Essa significa “legame, rapporto, relazione” ma anche “parola, frase, discorso” da cui la comune traduzione “Verbo” che tende però a nascondere l’origine che sta alla base della parola pronunciata:

Siamo maschere, personaggi, persone

Seconda classificata al Premio Nazionale A.M.M.I. 2014 sul tema “La cultura dell'essere e dell'apparire nei giovani d'oggi

Sei come me: maschera, personaggio, persona. Ti porti dietro l’eredità di parole antiche e forse lo ignori, rifugiandoti nella tua epoca, in un tempo in cui tutto si dà per scontato. Sei una persona - parola etrusca e preziosa -, come me, come tutti, con le tue maschere cucite e portate ed esibite quotidianamente. Un teatrante in bilico sotto i riflettori del palcoscenico.
Viviamo in un teatro di volti apparenti e noi stessi siamo personaggi nello spettacolo che è l’esistenza. Abbiamo bisogno di essere visti perché è il “tu” a cui ci rivolgiamo che ci dà vita e che ci permette di essere.

Strappare al nulla eterno la vita

Seconda classificata ai Colloqui Fiorentini 2012 sul tema “Tu passeggerai sovra le stelle”, Ugo Foscolo

L’incipit della poesia “Alla Sera” ci offre l’opportunità di ragionare su alcuni dei temi per noi più significativi del Foscolo. La sera, ovvero la morte, giunge cara al poeta, tranquillizzando quel suo “spirto guerrier”, e conducendolo da ultimo in un “porto quieto”.
Secondo la tesi illuminista la morte è vista come la fine di tutto, la dimensione indefinita ed infinita, l’annullamento di ogni cosa; Foscolo, invece, non abbraccia questa ipotesi, nonostante sia vissuto nello stesso periodo, poiché non accetta che morire significhi perdere qualsiasi legame con la vita terrena.
Non si arrende, infatti, alla definizione di morte come eliminazione del ricordo, sia dei parenti che delle persone care, e delle azioni compiute durante l’esistenza.